BENVENUTI!

E' uscita la mia prima raccolta di poesie: LE PIUME DEL FATO, Edizioni Del Leone.

Con grande piacere condivido in questo spazio alcune delle poesie della raccolta.

Sono molto gradite impressioni e critiche.

Cari saluti!


Chiara Inesia

mercoledì 8 agosto 2012

NOTA CRITICA DI FLAVIA BULDRINI


Il titolo così originale è descritto dalla suggestiva copertina, in cui dominante è la sensazione di gelo legata al colore freddo blu, dove si sventagliano le piume, come di un augure misterioso (da notare che i romani traevano dagli uccelli gli auspici per le sorti della battaglia o del regno). In questo caso, invece, s’interrogano fatalità imperscrutabili, che sembrano operare dietro le quinte e condizionare il proprio destino. Allora, è come se si attribuisse ad un crudele incantesimo la fine di un amore, che annega la propria anima in un diluvio di pianto e gela la propria esistenza come un desolato paesaggio invernale: “Quale destino rimane | a ridurre in frammenti bocconi strappati di cuore | che sanguina e marcisce?” (Oblio); “acqua vorticosa | che m’affonda e m’annega | e giù in abissi di buio | mi trascina e mi lega” (Frammenti); “Liquidi affoghi | di affanni melmosi | scatenano e violano il mio animo tutto.” (Liquidi affoghi).

Si brama – come nel mito platonico dell’unità ermafrodita che, una volta divisa, anela disperatamente a riunirsi alla sua metà di appartenenza – il ricongiungimento con l’amato, come ciò che possa restituire la pienezza di vita e l’integrità della propria persona: “E il tuo sguardo di immenso | che disseta ed espande | i nuclei più intimi e profondi di me | e così posso finalmente | sentirmi completa e divina | in te e con te | Potessi solo un istante | affondare in quell’essenza infinita di noi!” (L’attimo aggiunto). L’amore è il miraggio che balugina in mezzo allo sterminato deserto in cui ci si è confinati, “di quell’orma del destino | che tutto aveva dilatato ed espanso | in gioia e passione | in fermento e creazione | di paradisi terrestri e terreni.” (Impetuoso il silenzio). È lo schianto tremendo del cuore, colto da una fitta vertigine di dolore, che precipita l’essere, ineluttabilmente, nell’abisso: “Attese languide e stancanti | per vederti per averti | ma poi non ti ho né ora né domani | e solitudine nel cuore | sale e lentamente mi fa annegare” (Lontana dall’amore). Non si è in grado di ricomporre la sovrana armonia di sé, infranta dal violento distacco dall’altro, che scinde e disintegra la propria identità: “non riesco più a trovare pace | e mi consumo dentro | a lasciare brandelli appesi | che a morsi topi radenti | rosicchiano e strappano l’anima | che urla e impazzisce | del dolore lacerante | del suo sangue consumato | del peccato divorato.” (Passione); “Immagine di specchio infranto e frantumato | ha rivelato realtà desertica e desolata | che spolpata m’ha lasciata | innanzi all’arca diluviata.” (Quanto?).

Nella feroce notte di dolore che assale si è preda di angosciosi assilli e di mostruosi incubi, larve informi che agitano e tormentano il sonno: “Dolore, dolore, dolore | Bisogni come voragini di abissi | da colmare | che ululano come gatte graffianti | che lugubri e notturne tentazioni | chiamano, chiedono e vogliono | che a squartarmi il cuore | mi si farebbe meno male.” (Bisogni). Un richiamo seducente di sirena ancora avvince e avvinghia a quel relitto d’amore affondato dopo il naufragio: “Voci e vive libere ali | in mistico canto | di muse dell’acqua | a orientare e ingannare | passeggeri di mare | Richiami di lontano | perturbano e rapiscono | cuori e amori | a contrastare e negare | ciò che il voluto e il dovuto | brama e aspira.” (Voci e ali). Si ha nostalgia di questo legame, per quanto doloroso, riconoscendosi povera, nuda cosa tra le braccia di chi si ama, così inerme, perché consegnata totalmente all’altro, in balìa dei suoi capricci, nella voluttà di un definitivo abbandono: “per tenermi, per godermi, | per colmarmi, per scaldarmi | per ridermi e per nutrirmi | io, piccolo fiore | tra le tue dolci mani | mio amore.” (Non più sola). Si paventa, ma allo stesso tempo inconsciamente si desidera, che lo spettro di questo amore possa ritornare ad ossessionare, ad avvelenare l’essere: “E se poi l’ombra | quel sussulto di cuore | del veleno d’amore | riemergesse e scivolasse | come tela bagnata | che torna dal mare | dal naufragio lontano | che tutto ha inghiottito e derubato | lasciando solo a galleggiare | ciò che inanimato e svuotato | del principio elementare | porta solo il ricordo | dell’esiliato amore?” (Il peccato).

Si avverte tutta la propria fragilità, nella consapevolezza di non stringere nulla tra le mani, se non le “piume” leggere delle illusioni che accarezzano il proprio destino e insinuano al cuore dolci chimere: “Comprenderò e imparerò | anche questi confini | e senza mascheramenti e annullamenti | ricomporrò i miei frammenti | e piena e vera procederò assistita | che solo piume il fato | pone tra le mie dita.” (Distacco). Ma poi si rigetta disgustati l’amaro frutto di questo amore abortito che intossica e travia: “Ossessioni sinuose | danzano, fluttuano e bevono | il calice di veleno | e permangono a deviare | il sano percorso che porta al mare.” (Ossessioni sinuose). Insorge, dunque, un anelito di liberazione da questa oppressione malefica e di resurrezione da questa lunga notte di dolore, in una tensione a trascendersi in una dimensione metafisica, a ritrovare il respiro e lo spazio di cielo del proprio spirito: “Guarigione difficile da conquistare | pene e dolori ancora vivi e freschi | rabbuiano il mio volto | che vuole sparire per trasformarsi un giorno | nel sole vero che credevo di essere | (…) Riemergerò un giorno | forte e compatta | radici salde che al cielo | tendono rami e foglie | al ceruleo mistero.” (Sole vero); “ma libera di volare | con le ali dell’amore | sarò me stessa | alla mia più potente natura riconnessa” (Il mio sacco).

Ormai, l’autrice, nonostante la malinconia di ciò che di idealizzato rimane di quell’esperienza amorosa “immagine perfetta e ideale | hai aleggiato come nuvola benedetta | sulla mia realtà innaturale”, (Nuvola benedetta), sente prossimo il riscatto, di quando “riprenderò me stessa | e i giorni in cui | sorriderò allo specchio | e i miei occhi si illumineranno | perché quella luce rifletteranno, | (…) ma solo perché | sarò in me | intera ed appagata.” (Nuvola rosa). Eppure l’agonia di un amore è uno strazio senza fine, perché, memori di aver sfiorato con esso, anche solo per un attimo, l’assoluto, non ci si vuole rassegnare che sia tutto finito: “Non conosco l’origine del mio dolore | è qualcosa che prende | che prende e va dentro sempre più dentro | sempre più a fondo nella mente, nelle viscere | perché sei lontano | perché ancora non torni | e mai tornerai.” (Spazio sconosciuto). Quindi si matura la consapevolezza di aver amato un fantasma, una proiezione illusoria della propria mente: “Non ci sei mai stato | non mi hai mai amato | ho solo voluto vedere in te | tutto ciò che non c’è | ho solo voluto credere a un sogno | che mai avrebbe retto la luce del giorno.” (Illusioni e realtà).

Questa silloge poetica è la cronaca di un amore spezzato, il diario di bordo di un sogno amoroso naufragato, che Chiara Inesia Sampaolesi restituisce in tutta la nuda sofferenza di un dramma privato, il cui dolore viene vomitato senza ritegno di punteggiature come “lava incandescente” (Rabbia e vendetta), come flutti tumultuosi del mare che riversano in queste pagine l’indomita tempesta del cuore.

lunedì 25 ottobre 2010

QUEL TOCCO


Quel tocco, quel tatto
negato, strappato
a sospendere vite
che illuse resistono
ancora
e sperano e bramano
e inseguono e chiedono

Ma distante e diffuso
tu vai

E fili di appese speranze
sciolti e slegati
si spezzano e cadono
solcando la terra
che mobile e franosa
cede e si sgretola
ed apre voragini
che tutto risucchiano e annullano
cancellano, distruggono

E tutto finisce
e tutto perisce
e nulla rimane

Pensiero che crei
che forme e strutture
plasmi nel tempo
torna a elevarti
più libero e saggio
e disegna valori
più solidi e concreti
gioie e felicità
pulsanti e costanti
fatte del vero
del puro
di essenza interiore
che si autoalimenta
che si autosostenta
così che nel presente immanente
la fiamma, la luce
sempre portata
e mai più abbandonata
illumini e rischiari
accompagni e sostenga
minuscoli e intensi
frammenti di vita
che esiste così
perfetta così
Divina così


Chiara Inesia Sampaolesi, da Le piume del fato, Edizioni Del Leone, 2008

MILAGRO


La spada che sguaini
l’insicurezza che ammaini
il fiume che scorre
e forte corre
come il sangue nelle vene
che freme
e ogni paura sconviene
in questo istante
milagro di incrudescenza
di ogni ragionevole esistenza
fitta, sfitta, ritta e retta
come la via
che regge ogni follia

Miracolo di risonanza rara
questa nostra permanenza ignara


Chiara Inesia Sampaolesi, da Le piume del fato, Edizioni Del Leone, 2008

ESTREMA LATITANZA


Imparerò questa distanza
- estrema latitanza -
di nuclei di dipendenza
- miserabile esistenza -
che dentro mi fanno andare
nei miei giorni bui a scovare
il sole che tarda ad arrivare
il mare che è lì ad aspettare
Venere risorgere da acque ignare

Urano ha infranto il sogno vano
e nessun seme mi rimane più in mano


Chiara Inesia Sampaolesi, da Le piume del fato, Edizioni Del Leone, 2008

LA SPINA


La spina che incontro nel cuore
è una volta ancora
l’essenza del tuo amore

Mi pensi, mi richiami
io mi volto
ma tu ti sei già tolto
per poi rigirarti
e fulmineo riacchiapparmi
incapace di abbandonare
la fusione delle nostre anime rare

Neppure io ho ancora quel coraggio
di lasciarci ognuno al nostro viaggio
perché compagno silenzioso
sei anche ora qui con me
nel mio passo timoroso


Chiara Inesia Sampaolesi, da Le piume del fato, Edizioni Del Leone, 2008

SILENZIO PER FAVORE...


…voglio andare nel mio cuore
e finalmente riscoprire
ciò che solo ed unico mi potrà nutrire
quell’essenza che a realizzare
conoscerà la sua vera direzione
e non potrà mai più sbagliare

E mai più perdizione e smarrimenti
e mai più dolori e patimenti
per avere annullato e cancellato
la voce del mio fantastico creato
che mai scorto e addobbato
ho sempre troppo ignorato e snobbato
credendo da fuori sempre migliore
il nido, la protezione


Chiara Inesia Sampaolesi, da Le piume del fato, Edizioni Del Leone, 2008

BISOGNO PRIMORDIALE


A fasi il sentire
richiama all’amore
a gridare e gioire
e ad esplodere il cuore
che non può più contenere
questo bisogno primordiale
di nutrire e amare

Ma così come l’autunno sta per arrivare
non c’è neppure ora per me
espansione e nuovo amore,
ma spogliamento e annullamento
di quel fuoco ancora da appagare
arriverà il freddo,
da cui da sola a proteggermi
dovrò imparare


Chiara Inesia Sampaolesi, da Le piume del fato, Edizioni Del Leone, 2008